domenica 28 giugno 2009

Sicuramente Vero

Le luci pulsanti del palcoscenico, un enorme, abbagliante orgasmo fotonico, ondeggiano sulle teste del pubblico estasiato. Il concerto è ormai agli sgoccioli, esausto, mi allontano dalla folla e mi siedo su un tavolo in fondo al locale. Lentamente un ammasso ributtante di ciccia e muscoli ipertrofici, dalle fattezze di un cassonetto molliccio, si muove in mia direzione. E’ un buttafuori.
“La prego, scenda da quel tavolo”, ansima con i polmoni strizzati da una morsa di lardo. “Cosa?? Ma… ma perché? Cosa c’è di male?”. “No, no, lei non mi sta a sentire, scenda!”, dopodiché lentamente si porta una mano all’auricolare sull’orecchio: ”Confermato. Sono sul posto”.
Per un attimo lo fisso negli occhi titubante, poi scuotendo la testa tento di reagire:
“Ma… signor buttafuori…io credo che, cioè… se lei soggettivamente attribuisce uno scopo a questo tavolo, non significa che, obiettivamente, esso ricalchi la funzione per il quale è stato creato, vede… è il dramma della società moderna che deve istituire ogni individuo di uno specifico ruolo con lo scopo di far emergere i caparbi e sfavorire i disadattati, un darwinismo meritocratico? Non sono del suo stesso parere, è il principio stesso del liberalismo che necessita l’imposizione dei più raccomandati e ricchi sugli altri. Lo sappiamo tutti come vanno a finire queste cose… Quando l’etica sociale prende il sopravvento su quella individuale. Prenda i nazi: sia con il regime che con la democrazia picchiavano comunque negri, ebrei e socialisti. Solo che prima erano giudicati un esempio buono e giusto dalla Legge, poi sono stati bollati cattivi. E’ dunque lo Stato che ha il controllo ideale delle nostre giudiziose anime? Forza, me lo dica lei”.

Inizia a sudare: “Se non scendi da questo tavolo…”, mi fa, “Se non scendi ti spacco la faccia”.
“Ecco appunto. Bravo. No, complimenti. Lei sarà sempre uno di quelli che rivestono il ruolo di appagati zelanti rispettosi servi degli ideali sociali. Cresciuti senza porsi una domanda sul senso della loro assidua vita lavoratrice, credono di servire il giusto, benchè il dramma di una legge è che chi non la conosce - chi non conosce le vostre regole- non può ubbidirle e cosa è giusto è deciso a tavolino dai potenti. E’ l’eterno processo kafkiano. Se io fossi cresciuto tra i boschi, avrebbe senso proibire a una persona di sedersi sui rami degli alberi? No, in quanto lo scopo di un oggetto è determinato dall’esigenza momentanea, non da preordinati valori che scandiscono la maniera di utilizzare in modo indebito o non, il suddetto coso. Dico bene?”

“Io…io non…”

“Ed è qui che Marx si sbaglia. Non vedeva abbastanza apertamente, amico mio! La struttura non è l’economia o l’organizzazione sociale delle proprie velleità finanziarie. E’ la natura. La natura è la base di tutto. Il resto è pura e semplice sovrastruttura, un’ invenzione che esiste sì e no da qualche millennio. E i più credono che nei loro comodi gusci ornati di feltro stiano vivendo dei frutti stessi dell’evoluzione, quando non sanno che l’evoluzione ha favorito un ristretto nucleo di fortunati a discapito di altri. Non è assurdo?”

Il buttafuori si guarda attorno come se vedesse il mondo per la prima volta, esasperato e confuso. Poi guarda me.

In un lampo il suo dritto mi colpisce e mi scaglia in terra sfracellandomi il setto nasale. Fa male. Rantolante e sanguinante sul pavimento cerco un appiglio nella sua gamba. Mi scosta con disprezzo.
Chissà quale mirabolante tesi filosofica aveva appena esposto somministrandomi il suo lancinante pugno del cazzo.

2 commenti:

  1. la finisci di creare un sacco di etichette del cazzo???

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  2. Ma è la parte più divertente. Pensa quanti lettori saranno attratti dall'etichetta "tafferuglio"

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